giovedì 7 novembre 2013

Sant'Alessandro in Zebedia

Sant'Alessandro, facciata. Foto di Paola Borro
Sono sempre stata affascinata dai luoghi capaci di narrare la propria epoca, la mentalità e gli scopi di chi li ha costruiti. A Milano non sono molti; ovunque gli edifici scompaiono o si modificano nei secoli, e la nostra è una città nota per essere in continua evoluzione. Tuttavia esistono: spazi che, se non proprio cristallizzati nel tempo, restano comunque capaci di rievocare il mondo che li ha ideati. Lo fanno non per sfumature ma in maniera chiara, vivida; tanto che basta una semplice visita per sentirsi proiettati, in qualche modo, in un'altra epoca. Uno di questi luoghi è la chiesa di sant’Alessandro in Zebedia. Dimenticate le luci e i colori che abbiamo incontrato parlando di san Maurizio, il tempo che questa chiesa racconta è ben diverso: sant’Alessandro è insieme luogo e manifesto, un manifesto della Controriforma.

Interni, foto di Paola Borro
Vi ho già raccontato di piazza Missori; da lì, percorrendo quella strada breve e stretta che è via Zebedia(1), troverete uno degli angoli più graziosi di Milano: piazza sant’Alessandro. Alla vostra destra, preceduta da un’imponente scalinata, si staglia la monumentale facciata della chiesa barnabita. La ricca decorazione barocca, l’alta cupola, i due campanili, non sono che il preludio del mondo in cui state per entrare. Spingendo le porte lignee si aprirà davanti a voi un ambiente spettacolare.
La prima cosa che colpisce entrando è la vastità dell’edificio, la chiesa è grande, trionfale. La seconda è che la chiesa è buia. Si tratta di una scelta, nel Seicento non mancavano le conoscenze architettoniche per inserire ampie vetrate; invece le finestre sono poche, piccole(2), creano una penombra che rende indefiniti gli spazi sotto le grandi volte. Poi ci sono le decorazioni, ricchissime. A partire dagli affreschi che ricoprono pareti e soffitti, in cui l’eccesso decorativo del Barocco riempie ogni anfratto con le storie dei santi e dei campioni della fede, protagonisti assoluti dell’arte nella restaurazione. In questo ambiente enorme e scuro l’effetto è schiacciante. Pulpito e altare appaiono anche più ricchi, tempestati di pietre dure su tutta la loro mole. È la Chiesa Trionfante che afferma la propria autorità attraverso la grandiosità delle arti. Il proposito di coinvolgere emotivamente lo spettatore è evidente. Oltre allo scopo didattico, esplicito negli esempi di virtù che offrono gli affreschi, non può passare inosservato il tema penitenziale. Non può proprio, perché uno degli elementi che balzano immediatamente all’occhio sono i confessionali: in legno scuro e riccamente ornati riescono a imporsi per dimensioni e numero anche nei vasti spazi della chiesa(3).
Confessionale, foto di Paola Borro
Sant’Alessandro è impressionante, monumentale, e a suo modo indubbiamente bella. Iniziata nel 1602(4) sorge in un’epoca sconvolgente: Milano, un tempo capitale di uno stato sovrano è ora provincia della Spagna; per la prima metà del Seicento carestia, guerra e peste(5) mettono in ginocchio la città. Bisogna però considerare anche un altro aspetto, questa è la città che san Carlo Borromeo prima, Federico Borromeo(6) dopo, rendono roccaforte della restaurazione cattolica. San Carlo farà di Milano un esempio europeo, modello per la rieducazione dei fedeli secondo l’indirizzo tridentino. In questo si farà aiutare dai nuovi ordini nati nella Controriforma; tra questi spiccano proprio i barnabiti, gli stessi monaci che edificheranno sant’Alessandro come loro chiesa. Federico, arcivescovo di Milano fino al 1631, continuerà l’opera del cugino con una politica culturale anche più celebrativa. Nel 1630, anche se incompleta, sant’Alessandro verrà aperta al culto.

Curiosità e leggende
Pulpito, foto di Paola Borro
Osservate lo splendido pulpito ornato di pietre dure, diaspri, corniole, ametiste, agate; e incastonato nel pilastro, quattro colonne ai lati. Adesso girategli attorno, per vedere i due lati che non compaiono in foto. Troverete una parete (con il suo confessionale); girato l’angolo un altro confessionale (con la sua parete). Girate ancora l’angolo e vedrete ricomparire le colonne che incorniciano il pulpito. Adesso guardate in alto, in basso. Bene: da dove entrava il predicatore per salire al pulpito? L’ingresso c’è, non invisibile ma nascosto. Io ho fissato quel pilastro da ogni angolazione, girandoci attorno come uno squalo, prima di arrendermi e chiedere delucidazioni al sacrestano. Voi però saprete fare di meglio, l’accesso è occultato ma individuabile. Vi lascio quindi la soluzione del mistero, un motivo in più per visitare questa chiesa.

Note
(1) Il motivo per cui la chiesa si chiama sant’Alessandro in Zebedia è la convinzione che sorga sulle rovine dell’antico carcere di Zebedia, in cui secondo tradizione sarebbe stato rinchiuso sant’Alessandro.
(2) ulteriormente scurite dai vetri giallo opaco di epoca successiva.
(3) i confessionali sono 13, incastonati nei pilastri. Quello davanti al battistero è stato trasformato per esigenze paraliturgiche in una credenza.
(4) la costruzione inizia nel 1602 e termina nel 1717; la chiesa viene però aperta al culto nel 1630, anche se incompleta.
(5) Manzoni ambienta in questo periodo i Promessi Sposi, la peste del 1630 è appunto quella che racconta nel romanzo.
(6) Carlo Borromeo entra a Milano come arcivescovo nel 1565 e muore nel 1584. Gli succede Gaspare Visconti e dopo di lui Federico Borromeo, arcivescovo dal 1595 al 1631 (anno della sua morte).

Fonti
La Storia dell’Arte vol.10 – Il tardo Cinquecento”, ed. Electa – La Biblioteca di Repubblica, 2006;
La Storia dell’Arte vol.11 – Il Barocco”, ed. Electa – La Biblioteca di Repubblica, 2006;
“Sant’Alessandro in Zebedia a Milano”, Andrea Spiriti, ed. ISAL, 1999;
 “Il novo concorso a cattedra - Discipline Artistiche nella scuola secondaria”, a cura di C. Abbate, ed. EdiSES, 2013;
“Storia di Milano”, Alfredo Bosisio, ed. Aldo Martello, 1958.

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9 commenti:

  1. Vi chiedo solo un piccolo favore, quando scoprirete l'accesso segreto presentato in "curiosità e leggende" non riportate la soluzione nei commenti. Conto sulla vostra discrezione, e per questa ringrazio sinceramente!

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    1. io lo soooooo!! :-D :-D
      ancora complimenti per gli interessanti articoli!!!

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    2. Grazie!!!!
      Se mi chiederanno indizi manderò una certa foto che hai fatto ;-)

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  2. Allora, non conosco il segreto del pulpito, perciò non ci sarà il rischio che sveli alcunché.
    Però so già che riuscirò ad estorcerlo con uno dei miei dolcetti.
    O altrimenti ci provo col sacrestano. O sarà peccato di gola?
    Baci Leo

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    1. Potendo scegliere preferirei che mi estorcessi il segreto con un dolcetto!
      (e lo preferirai anche tu quando vedrai il sacrestano) ;-)

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  3. Ci sono passata davanti tante volte. Faccio spesso quella strada. Ora entrerò e proverò ad individuare l'entrata al pulpito.
    Grazie Lara.

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    1. Poi fammi sapere com'è andata la ricerca, non ho dubbi che ne uscirai vittoriosa!

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  4. Essendo stata studentessa in una scuola Barnabita, conosco bene questa chiesa :) la trovo davvero bellissima. Sono contenta che tu ne abbia parlato!

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    1. Ma dai?! Allora la conoscerai anche meglio di me! :-)
      Un giorno ti racconterò la storia del conte Gorani, uno dei personaggi più misteriosi di Milano, che studiò anche lui dai Barnabiti (a lui però erano capitati i maestri sbagliati)

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